Tutti conosciamo la famosa battaglia capitanata dall’attivista e avvocato Max Schrems in materia di trasferimento dei dati personali, all’esito della quale l’Alta Corte Europea con la sentenza nella causa C-311/18 del 16 luglio 2020 ha annullato il Privacy Shield per violazione del GDPR.
Oggi, sulla scia di tale decisione, si segnalano l’incontrovertibile presa di posizione del DSB (Autorità Garante Austriaca), cui ha fatto seguito quella del CNIL (Autorità Garante Francese), che con le loro pronunce pubblicate rispettivamente lo scorso 14 gennaio e 10 febbraio, hanno dichiarato l’illegalità di Google Analytics per violazione del GDPR.
I Garanti oggi intervenuti sono uniformi nel decretare come i siti che utilizzano Google Analytics nell’esportazione dei dati dei loro visitatori (quali, ad esempio, i loro indirizzi IP e i loro identificatori univoci che vengono memorizzati nei cookie) violino il GDPR, nella misura in cui tali informazioni possono essere poi fornite anche alle autorità statunitensi.
Sebbene sul punto lo scorso 13 gennaio Google abbia riscontrato tramite un proprio comunicato stampa, a firma del Product Management Director Russell Ketchum, rendendo note le modalità di funzionamento del suo servizio e le garanzie applicate, queste misure non convincono del tutto, tanto che un simile epilogo sembra essere stato preannunciato da altre Autorità Europee, anch’esse coinvolte nei 101 reclami formulati dall’organizzazione NOYB dell’Avv. Schrems.
E l’Italia? Anche il Garante Italiano sul punto risulta avere un’istruttoria in corso e l’esito difficilmente potrà essere diverso.
In tutto questo, però, si intravede una luce in fondo al tunnel: sono in corso ormai da tempo, tra le diplomazie europee e quelle statunitensi, delle trattative al fine di trovare una soluzione definitiva al problema che non dovrebbe tardare molto.
Nel mentre, l’iniziativa passa ancora una volta alle aziende, che dovranno effettuare una valutazione caso per caso in merito all’utilizzo di tale strumento.
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